Tutti contro la guerra
Il movimento per la pace nel sud Italia da Comiso ad oggi
di Antonio Mazzeo
Vista
da fuori, la ex base Nato di Comiso, in provincia di Ragusa, appare
identica a quando ospitava, vent’anni fa e oltre, i 112 missili nucleari
“Cruise” puntati contro l’est Europa, la Libia, il Corno d’Africa e il
Medio oriente. Una lapide, all’ingresso, ricorda l’intitolazione al
generale Vincenzo Magliocco, “eroe” delle conquiste coloniali in Africa
orientale grazie all’uso di gas ed armi chimiche. Le facciate delle
villette e delle palazzine per i militari Usa portano solo lievi segni
delle stagioni passate. Ad entrarci, però, scopri un mondo fatto di
degrado ed abbandono: porte e persiane divelte, mura sfondate, bagni e
impianti elettrici saccheggiati, rifiuti di ogni genere disseminati
ovunque. Più in là, protetta dalla rete metallica, la moderna pista
aerea dell’aeroporto civile che
verrà, se mai verrà. L’anno prossimo sarà quello buono, dicono i politici, ma intanto dallo scalo non decolla nulla mentre la “riconversione” ha già ingurgitato 50 milioni di euro.
Adesso,
sulla ex base atomica c’è la spada di Damocle di un altro terribile
strumento delle guerre post-moderne, il MUOS, il nuovo sistema di
telecomunicazioni satellitari delle forze armate statunitensi. Un
terminale lo stanno costruendo a pochi chilometri da Comiso, nella
riserva naturale di Niscemi. Uno studio del Politecnico di Torino
sull’impatto elettromagnetico delle maxi-antenne ne ha rilevato
l’incompatibilità con il traffico aereo. Le emissioni potrebbero fare
impazzire i computer di bordo e causare collisioni e incidenti. Se lo
strapotere dei Signori di morte avrà la meglio sulla ragione dei giusti,
il Mezzogiorno avrà la sua ennesima cattedrale degli sprechi.
Lo
scorso 4 aprile oltre 60 associazioni e organizzazioni sociali si sono
date appuntamento a Comiso per ricordare la straordinaria stagione di
lotte per la pace e contro la militarizzazione che prese il via, lì,
trent’anni prima. Il 4 aprile 1981, oltre centomila siciliani, giovani,
studenti, disoccupati, impiegati e contadini, sfidarono in corteo
l’orrore dell’olocausto nucleare. Tra gli animatori più convinti di quel
meeting l’allora segretario regionale del Partito comunista, Pio la
Torre. Meno di un mese dopo sarebbe caduto sotto il piombo
politico-mafioso, altro omicidio eccellente delle centrali mondiali del
terrore. Per contrastare ogni anelito di cambiamento e di speranza nel
Sud martoriato dal sottosviluppo, i processi di militarizzazione, il
dominio criminale.
Quella
giornata consacrò Comiso in uno degli epicentri della protesta
internazionale contro la follia nucleare. Divenne meta dei giovani di
tutta Europa. Per condividere entusiasmi, sogni, presidi, digiuni,
blocchi stradali e azioni dirette non-violente. Le mobilitazioni non
impedirono l’arrivo dei missili e sino al 1990 le rampe mobili dei
Cruise si spostarono impunemente nelle strade e nelle campagne della
Sicilia. Ma le campagne antinucleari, alla fine, costrinsero le due
superpotenze a smantellare le armi nucleari a medio raggio dal
continente europeo.
Il
movimento pacifista dei primi anni ‘80 era composto da una pluralità di
soggetti politici e sociali, comitati di base, militanti dei partiti
della sinistra storica e della nuova sinistra, autonomi, comunità
cristiane, antimilitaristi, nonviolenti, femministe, anarchici,
ambientalisti, ecc.. Le lotte assunsero caratteristiche specifiche ed
originali. L’interscambio di esperienze, l’accettazione delle
differenze, il superamento di divisioni e frammentazioni ideologiche, il
confronto e la dialettica tra realtà sociali e culturali sino ad allora
contrapposte, le analisi e l’impegno etico-politico maturato in quegli
anni, condizioneranno positivamente le successive lotte per la difesa
della pace e per il disarmo, contro le spese militari e la criminalità
organizzata, per la salvaguardia dell’ambiente e delle
risorse del territorio, per la cooperazione dal basso e
l’interposizione nonviolenta tra i belligeranti, in solidarietà con i
popoli oppressi dalle ingiustizie. I contenuti, le forme di
comunicazione e le pratiche di lotta sarebbero poi divenuti patrimonio
dei successivi movimenti contro la globalizzazione dell’economia e/o
altermondisti ed il nuovo ordine internazionale di matrice neoliberista.
Il
movimento contro le guerre non sarebbe però più stato lo stesso
soprattutto nel Sud Italia, dove intere aree sono state trasformate in
avamposto per le “missioni” nazionali, Nato ed extra-Nato nei Balcani,
in Caucaso, nel Golfo Persico e nel continente africano. Subito dopo
Comiso ci sarebbero stati gli interventi in Libano e in Somalia, i raid
contro Tripoli e Bengasi, la prima Guerra del Golfo, i bombardamenti in
ex Jugoslavia, il Kosovo, l’Afghanistan, l’Iraq e, lo scorso anno,
l’occupazione della Libia e i respingimenti in mare, manu militari,
di migliaia di profughi scampati alle barbarie africane. Tranne che
alla vigilia dei sanguinosi conflitti che hanno segnato la fine del
secolo scorso e l’inizio del terzo millennio (mai durante, mai dopo), le
mobilitazioni sono state intense e vissute
come quelle della generazione di Comiso.
Deboli
e sporadiche, invece, le campagne contro l’insediamento o l’ampliamento
delle basi militari. Tra le esperienze da ricordare, nei primi anni
’90, quelle per contrastare l’arrivo dei cacciabombardieri F-16
dell’Aeronautica Usa a Crotone e Gioia del Colle, l’ampliamento della
base navale di Taranto e dell’aeroporto di Sigonella in Sicilia. Nulla o
quasi nulla di fronte alla crescente nuclearizzazione dei Golfi di
Taranto, Napoli e Augusta; contro i pericolosissimi transiti di
sottomarini e portaerei a propulsione nucleare dallo Stretto di Messina,
l’insediamento a Napoli-Capodichino-Lago di Patria di un gigantesco
complesso aeronavale della marina Usa ed Africom, la trasformazione
dell’aeroporto di Amendola (Foggia) in piattaforma di lancio dei
famigerati aerei senza pilota
Predator, ecc. Scandaloso e intollerabile il silenzio, a Gioia
del Colle, Trapani, Pantelleria, Sigonella e finanche
Catania-Fontanarossa, davanti al via vaia di caccia, velivoli cisterna,
aerei killer senza pilota della coalizione multinazionale anti-Gheddafi.
In
controtendenza, fortunatamente, sorgono in Sardegna comitati popolari
contro l’insediamento di selve di antenne radar anti-migranti, mentre in
Sicilia irrompe il movimento contro il MUOS di Niscemi, emblema dei
crimini della globalizzazione (strumento di guerra planetaria,
dilapidatore di ingenti risorse finanziarie, bomba elettromagnetica
contro l’ambiente e la salute, opera criminogena).
La
militarizzazione ha avuto una duplice effetto nel Sud Italia: il
rafforzamento del controllo sociale, anti-democratico ed anti-popolare;
l’arricchimento del blocco di potere che governa i territori. Due
fenomeni che hanno radici antiche. La desecretazione dei documenti
conservati negli archivi di Roma e Washington ha permesso di fare luce
sul “peccato originale” da cui si è sviluppata la rete di alleanze tra
gerarchie militari statunitensi, servizi segreti nazionali e stranieri,
estremismo neofascista, ambienti massonici, gruppi economici dominanti e
criminalità mafiosa. A partire dalla strage di Portella delle Ginestre,
l’1 maggio del 1947, primo eccidio di Stato proprio dopo la vittoria
del Blocco del popolo alle elezioni regionali siciliane. Le basi
militari originate da accordi bilaterali Italia-Stati
Uniti o in ambito alleato sono state funzionali a cementare l’illecita
alleanza e limitare la sovranità popolare.
La
partnership tra i poteri militari e la mafia è proseguita sino ai
giorni nostri. Lo confermano l’omicidio di Pio La Torre e le inchieste
giudiziarie che hanno provato l’attivismo delle cosche criminali negli
appalti nelle basi di Sigonella, Crotone, Napoli e Niscemi. Anche per
questo i movimenti anti-mafia, le realtà antirazziste e i soggetti no war
devono ri-trovare linguaggi e pratiche comuni, saldare legami ed
esperienze. Con l’odierna svolta autoritaria e bellicista è in gioco il
futuro del paese. Per questo c’è bisogno di una nuova alleanza dal
basso. Per ricostruire democrazia e riaffermare con forza che l’Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Articolo pubblicato in Mosaico di pace, n. 6, giugno 2012
http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/